Premessa
Quanto è rassicurante, sul piano morale, la pronuncia di un Giudice?
È sufficiente la conformità della sentenza alle regole processuali?
Domande che toccano il cuore stesso della giustizia e che, ancora oggi, restano aperte e brucianti. Su queste riflessioni si è sviluppato l’incontro del 6 ottobre 2024, ospitato nel giardino di famiglia a Trentola-Ducenta, in un prodigioso clima primaverile, quasi a voler simboleggiare la serenità del confronto e la limpidezza del pensiero.
Protagonisti
Protagonisti della conversazione sono stati Vincenzo Lomonte, Magistrato presso il Tribunale di Napoli, e Bruno Botti, Avvocato, due figure di grande esperienza e sensibilità, che hanno offerto prospettive complementari su un tema di profonda attualità: la distanza tra verità storica e verità processuale.
Il dialogo si è snodato attorno a un interrogativo essenziale: può la giustizia, ancorata alla formalità del diritto, esaurire il bisogno umano di verità?
Da un lato, il diritto come sistema di regole e garanzie, necessario per assicurare equilibrio e tutela; dall’altro, la verità storica, con la sua complessità, le sue sfumature, la sua irriducibile umanità.
Tra questi due poli si muove l’esperienza del giudicare, in bilico tra la certezza delle norme e l’incertezza del vissuto umano, tra la forma della legge e la sostanza morale dei fatti.
L’incontro
L’incontro ha offerto al pubblico non soltanto una lezione di diritto e di filosofia morale, ma anche un’occasione di introspezione collettiva: un invito a riflettere sul senso della giustizia nel nostro tempo, sul valore della responsabilità individuale e sulla possibilità, ancora viva, di un’etica del giudizio.
Nel silenzio attento del giardino, le parole di Lomonte e Botti hanno restituito alla riflessione giuridica la sua dimensione più alta: quella che unisce la mente e la coscienza, il rigore dell’argomentazione e la pietas verso l’uomo.

